Mal d’Africa.
Se ne sente
parlare spesso. In programmi televisivi, attraverso biografie o testimonianze
di persone più o meno celebri, lo si legge su libri… Addirittura prima della
partenza ad aprile qualcuno ci ha salutati dicendoci “occhio al mal d’Africa…”.
Mal
d’Africa.
Non sappiamo
cosa è, sia chiaro. Siamo stati in Burundi solo per 4 stupendi mesi, ma
probabilmente per provare a pieno il mal d’Africa ci vuole molto più tempo.
Eppure, quella mattina di lunedì 19 agosto, quando uscendo da casa laici ci
siamo trovati davanti tutte le sorelle, i preti e i fratelli, in cerchio pronti
per salutarci, i nostri cuori hanno mancato un battito, forse due. Non è stato
facile salutare tutti, compresi alcuni abarundi che, nonostante li avessimo già
salutati nella settimana precedente, si sono ripresentati a casa nostra per
vederci ancora un’ultima volta. E quando loro ci chiedevano “Ci rivedremo?” e
noi azzardavamo un “Ego! Tuzosubira sinzi ryari” (Sì! Ci rivedremo ma non so
quando), gli occhi di alcuni di noi si facevano lucidi.
Non ci resta
che ringraziare calorosamente, di nuovo, tutti quanti. La comunità, dalla quale
siamo stati accolti in maniera impeccabile e che ci ha fatti sentire a casa fin
da subito. Tornati in Italia, i preti, le sorelle e i laici continuavano a
farci complimenti, ma noi siamo sicuri che se non abbiamo combinato disastri e
abbiamo fatto un pizzico di bene a qualcuno, molto del merito è stato del modo
in cui siamo stati accolti e seguiti a Mutoyi e in tutte le succursali. Quindi,
Piccole apostole di Gesù e Fratelli dei poveri presenti in Burundi,
se le vostre competenze tecnologiche (migliorate, si spera, in 4 mesi vissuti
con al fianco 6 giovincelli) vi permetteranno di leggere questa lettera, ecco,
vi diciamo ancora un grandissimo GRAZIE!! Così come diciamo grazie a tutti gli
abarundi che abbiamo conosciuto: mai dimenticheremo quelli che sono stati
“colleghi”, sempre disposti a interrompere il loro lavoro per procurarci
qualche attrezzo che ci mancava e non farci perdere tempo. Come non
dimenticheremo le famiglie che andavamo a visitare, che anche se povere
riuscivano sempre a farci avere uno sgabello su cui sederci, magari procurato
dalla vicina di casa. Disponibilità, accoglienza, altruismo, chiamatele come
volete, ma queste cose le abbiamo trovate nella maggior parte degli abarundi:
MURAKOZE!!
Ora siamo
qui in Italia. Potremmo parlarvi per ore di quello che ci hanno dato questi
mesi in Burundi. Dunque cogliamo l’occasione per dirvi che prossimamente ci
sarà un piccolo evento a Badile, dove avrete l’occasione di parlare con noi e
di domandarci tutto ciò che desiderate. In questa ultima lettera del blog,
invece, vogliamo ancora parlarvi collettivamente. Dal nostro ritorno ci siamo ritrovati
insieme in diverse occasioni, tra cui anche nella nostra amata baita Santa
Chiara, confrontandoci su una questione in particolare. Siamo tornati dal
Burundi con molta energia e con molta positività e la cosa che più desideriamo
è che questi 4 mesi non rimangano una parentesi aperta e chiusa alla svelta. La
domanda è dunque questa: Cosa non vogliamo perdere della vita che facevamo in
Burundi? Cosa vogliamo portare dal Burundi e tenere nel nostro stile di vita in
Italia? Una domanda tutt’altro che semplice, ma molto importante. Per dare una
risposta a tutto ciò è necessario portare nel cuore volti, sorrisi, gesti, ma
anche pianti, facce sudate o sofferenti, delle persone che abbiamo incontrato
durante il nostro viaggio. Ce la faremo a non dimenticare tutto ciò? Noi
speriamo proprio di sì e sappiamo che, ancora una volta, saranno gli abarundi
ad aiutarci. Anche a 10 mila kilometri di distanza. Sì perché quei pochi che
hanno un cellulare si fanno sentire continuamente: ci scrivono che gli
manchiamo, ci mandano foto, ci salutano con dei messaggi vocali. E dove mancano
i cellulari, ci pensano le sorelle: il video della piccola Shayra che balbetta
i nostri nomi agitando la manina, è arrivato inaspettato e ci ha emozionato a
dismisura.
Ciao Shay,
vorremmo essere lì a giocare con te, sollevarti in alto, abbracciarti e farti
ridere.
Mal
d’africa?
Il Mal d'Africa si soffre dopo sole 4 settimane, figurarsi dopo 4 mesi (e sono passati 26 anni!)...
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EliminaCiao ragazzi! condivido il fatto che il Mal d'Africa si soffre anche solo dopo un mese :) vi ho seguiti , letti e riletti, così ho potuto immaginare, rivivere, ricordare molti momenti. quindi , per non dimenticare, continuate a scrivere, parlare e condividere quello che avete vissuto in quel meraviglioso piccolo posto!
RispondiEliminaspero di essere con voi all'evento a Badile, tenetemi aggiornata!
vi abbraccio tutti!