Il calendario in casa laici segna già luglio e, senza quasi
accorgermene, mi trovo davanti al conto alla rovescia finale, quello che
speravo tardasse il più possibile: ormai poco meno di un mese mi separa dal
rientro a casa. È con questa amara consapevolezza che se mi giro a dare
un’occhiata ai tre mesi appena trascorsi, mi manca un po’ il fiato; è una di
quelle sensazioni che risulta difficile, se non impossibile, spiegare bene a
parole. Come lo racconti un colore, un’emozione, una risata? Ripenso con un po’
di nostalgia ai primi giorni e alle settimane iniziali, dove con occhi nuovi
osservavo ogni particolare e ogni dettaglio. Mi rendo conto però che,
nonostante siano passati mesi, i miei occhi rimangono ancora nuovi davanti a
tanta bellezza. Rimane lo stupore giornaliero nel vedere i colori nitidi, quel
rosso e quel verde delle colline che mi circondano e delle quali non mi
stancherei mai, e i volti sorridenti nonostante le zappe sulle spalle delle
donne, degli uomini e dei bambini che incontro per strada. Rimane la meraviglia
nel vivere giornate intense, lunghe e stancanti capaci di farmi arrivare a sera
con addosso fatica, terra rossa e tanta felicità. Rimane la soddisfazione del
lavoro, delle mani sporche di terra per giorni e dei vestiti che non tornano
puliti nonostante i diversi lavaggi. Rimane la gioia della condivisione di ogni
momento, a volte sacra e silenziosa ma più spesso accompagnata da canti e da
parole alle quali poi la sera penso e ripenso. Rimane la pelle d’oca di fronte
a un ‘Magnificat’ cantato in chiesa dalle sorelline, rimane il cuore che vibra
quando i ragazzi delle scuole suonano i tamburi con ritmo e tanta forza. Rimane
un mosaico di colori, un puzzle di momenti e ricordi che vorrei riuscire a
imprimere nel cuore con più forza possibile, tra i ricordi più profondi, quelli
puri e semplici che rimangono lì, chiari e indelebili. Vorrei poter non
scordare nemmeno un secondo di tutto quello che provo e poter vivere ogni
giorno più intensamente, più coraggiosamente. I giorni volano in fretta, ognuno
diverso, ognuno lasciandomi qualcosa e, fortunatamente, la sera ho il tempo per
riporre nel cuore ciò che, nelle ventiquattro ore appena passate, mi ha
segnata, emozionata e colpita ma anche, perché no, sconvolta o graffiata.
Rimane il fatto che il kirundi ancora non lo so e mi rendo conto che dare una
mano è poco quando potrei dare me stessa e per tutta la vita,
ma mi sento parte di questa terra perché sulla strada di fianco alle orme dei
piedi nudi dei barundi ci sono anche le mie. E sono scarpe, è vero, ma sono pur
sempre accanto alle loro.
- Rebecca
Ciao a tutti ragazzi presenti laggiù. È bello e commovente leggere quello che ognuno di voi scrive. Grazie di cuore. vi abbraccio tutti, in particolare Edo al quale mando gli auguri di speciale compleanno da tutti noi. Lorella
RispondiEliminaGrazie per questa bella condivisione! Come ti capisco Rebecca! Io sono stata in tutto tre mesi, 15 anni fa, e ancora rimane forte nel cuore il tesoro che quella missione rappresenta per me! Possa dare nella tua vita i frutti che il Signore desidera!
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