“Kirundi buke buke”.
Kirundi poco poco. Senza dubbio l’espressione
in kirundi che più ho usato fino ad ora. Giusto per farvi capire, stiamo
migliorando parecchio con la lingua, riusciamo a dire quasi tutto quello ci
serve, magari non in maniera impeccabile a giudicare dalle risate degli
abarundi che puntualmente seguono ogni nostra frase. Il problema viene quando
sono loro a risponderci, parlano velocissimo e più gli si dice che sappiamo
poco il kirundi, più sembra che facciano apposta a parlare ancora più veloce.
In ogni caso nella settimana appena conclusa
e durante le prossime, avremo l’occasione di esercitarci tanto, parlando con la
gente. Infatti abbiamo iniziato a fare i tipici lavori burundesi, che personalmente
penso siano i migliori che si possano fare. Di fatto si tratta di lavori che
fanno tutti, dalla mamma con in spalla il bambino neonato, al ragazzino undicenne,
passando per alcune ragazze di Nkuba che nonostante siano stampellate, non
rinunciano a dare il loro contributo. Ma oltre a migliorare nella lingua, avremo
soprattutto una grande occasione per mettere in atto quella famosa frase
“lavorare con la gente” che nell’ambiente Vispe si respira spesso e volentieri,
e in particolare potremo lavorare proprio con la gente più povera, quella che
più ha bisogno di aiuto, che vive in sostanza di ciò che raccoglie. I lavori di
cui parlo sono infatti quelli di raccolta di colture, fagioli su tutti, ma
anche riso, patate, patate dolci e quant’altro. Mercoledì ad esempio abbiamo
raccolto il sorgo, tutti insieme ragazzi e ragazze con Daniela, iniziando di
buon mattino: alle 7.30 eravamo già operativi in umwonga (che sarebbe il
fondovalle), assieme ad una decina di abarundi. Niente di complicato come
lavoro, non fosse che ci abbiamo messo un po’ a prendere il ritmo, mentre gli
abarundi erano delle schegge: citavo prima alcuni ragazzini undicenni, erano
pochi in realtà quel giorno, comunque, ad usare il coltello per tagliare il
sorgo dalla pianta, erano così abili e precisi che probabilmente potrebbero tagliarmi
i capelli meglio di come fa il mio parrucchiere personale in Burundi ( se vi
può interessare è Davide!). Verso le 12.15 siamo rincasati per pranzare, e le
sorelle e i fratelli nel vedere le facce provate di alcuni di noi hanno detto:
“beh forse avete scelto il giorno sbagliato per fare la riunione con il don
Luciano”. Infatti la sera stessa ci siamo trovati con lui per un piccolo
incontro sull’esortazione del Papa ai giovani. Ma tranquilli, abbiamo seguito
tutto e nessuno di noi si è addormentato.
Giovedì, mentre gli altri ragazzi hanno
proseguito con i lavori “classici” andando a cogliere le arachidi, io ed Edo
siamo andati a Winteko per il lavoro della mappatura degli acquedotti. Non ve
ne avevamo mai parlato quindi apro solo una piccola parentesi: di tutti gli
acquedotti realizzati nella zona di Mutoyi dal Vispe assieme agli abarundi, il
percorso delle varie tubazioni non è scritto nero su bianco, ma è presente solo
nelle memorie ferree di 4 idraulici del posto. L’obiettivo è proprio quello di
mettere per iscritto il percorso delle condotte d’acqua, segnando sulla cartina
anche la posizione dei vari serbatoi, sorgenti, captage, punti di diramazione e
fontanelle. Per fare tutto ciò, dunque, ci si deve armare di carta, penna,
mappa geografica e seguire il passo degli idraulici. Giovedì abbiamo camminato
praticamente dalle 8 fino alle 12.30 e il contapassi di Edo segnava più di 25
mila! C’è da dire che, essendo Winteko leggermente distante da Mutoyi (una
mezz’oretta di macchina), gli idraulici hanno avuto un pizzico di difficoltà
nel ricordarsi la posizione di ogni singola fontanella. Per fortuna è accorsa
in nostro aiuto una moltitudine di ragazzini del posto, che conoscevano a
memoria ogni singola stradina e scorciatoia per arrivare in tutti i posti di
nostro interesse. Al solito, tutto era cominciato per gioco, hanno visto noi
bianchi e subito incuriositi ci hanno seguito. Poi è finita con noi e gli
idraulici che seguivamo loro che ci facevano strada, rigorosamente di corsa,
ridendo e urlando, palesemente contenti per l’insolita mattinata che stavano
vivendo.
Nella mattinata di venerdì abbiamo terminato
la raccolta di sorgo, mentre al sabato, di nuovo tutti insieme noi ragazzi e
ragazze, ci siamo ripresentati in umwonga alle 7.30, questa volta per cogliere
il riso assieme a sorella Stella, sorella Raimunda e diversi abarundi. Un paio
di campi di riso non grandissimi (se confrontati con quelli della bassa
milanese a cui siamo abituati), da mietere con i falcetti e battere con i
bastoni: risultato, dopo una mattinata intera eravamo forse a metà del lavoro,
e probabilmente c’erano più calli nelle nostre mani che chicchi di riso sul
telone.
Oltre ai lavori di cui vi ho parlato sopra,
che tra le altre cose hanno fatto sì che i nostri coppini siano ormai color
nocciola, nel resto della settimana dividendoci i compiti tra noi ragazzi,
abbiamo portato avanti la sistemazione della staccionata dell’ospedale, le
attività a Nkuba ed abbiamo dato una mano ai ragazzi del Tomix. Di questo se ne
parlerà nel prossimo appuntamento: stay tuned for more news.
E’ stata una settimana piuttosto piena, come
lo saranno le seguenti. Penso che ormai, dopo 6 settimane, stiamo entrando nel
vivo di questa esperienza. In questo lasso di tempo abbiamo girato per Mutoyi e
non solo, conoscendo e vedendo con i nostri occhi molte realtà. C’è sicuramente
ancora tanto altro da conoscere, 50 anni di missione non sono pochi, ma ci sarà
modo di farlo. Ora è tempo di rimboccarsi le maniche, sudare, arrivare a casa
la sera stanchi, con la pelle sporca di terra rossa, le mani piene di calli, ma
contenti per aver condiviso la fatica con i poveri e aver scambiato con loro
qualche parola in kirundi. E magari averli fatti ridere perché ovviamente non
azzecchiamo un accento, d’altronde… “kirundi buke buke”!
Seba
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