Ciao a tutti! Sono Edo, e oggi vi racconterò qualcosa della settimana appena passata.
Qui a Mutoyi la vita prosegue nei suoi ritmi quotidiani, tra lavori e fatiche, momenti di riflessione e riposo, studio della lingua kirundi (credo ora di poter dire che, a livello difficoltà, non siamo poi così distanti dal giapponese 😐!) e – immancabili, per noi ragazzi – divertenti partite a pallone insieme ai ragazzi abarundi.
A proposito: credo si sia sparsa la voce, qui a Mutoyi, che tre ragazzi italiani sono venuti ad abitare presso la casa laici della missione e che – aspetto decisamente più rilevante – questi tre ragazzi hanno con loro una vera palla da calcio. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che, ad ogni ora del giorno e della notte, si presentano davanti a casa nostra decine di bambini con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, ed un’unica frase ripetuta in coro: “Turakina umupira???” (“giochiamo a calcio???”)

Non potrei certo mancare di raccontarvi dell’ultima (decisamente particolare) partita che abbiamo giocato al campo di Kinzerere. Dovete sapere che, in comune con il nostro tradizionale gioco del calcio, vi sono solo il pallone e le due porte: per il resto, si potrebbe tranquillamente parlare di un altro sport 😊.
Regola numero 1: il campo è lungo – ad occhio - sui 150-170 metri. Il motivo di queste sproporzionate dimensioni lo abbiamo però presto scoperto quando, al momento di fare le due squadre, ci siamo trovati nel bel mezzo di un incredibile trenta contro trenta. Comunque, al fine di conservare al meglio le nostre energie per i lavori nei campi che ci commissiona la sorella Fiore durante la settimana (questa la scusa ufficiale…), io Seba e Davide abbiamo saggiamente deciso di piazzarci fissi a centrocampo, davanti alla difesa, evitando troppi scatti in velocità ed inutili sprechi di fiato 😊.
Regola numero 2: si gioca a piedi nudi. Anche quei pochi bambini che possiedono un paio di ciabatte, scelgono di legarsele ai polsi e di giocare scalzi: guai a lasciarle incustodite a bordocampo! Noi, con una buona dose di imbarazzo, abbiamo invece scelto di tenere su le scarpe: dobbiamo ancora farci i calli sotto i piedi!
Regola numero 3: praticamente, non esistono i falli. Entrate con piede a martello da codice penale, scivolate sulle gambe altamente pericolose, contrasti e placcate in stile rugbystico…niente di tutto ciò, secondo i parametri burundesi, merita un fischio da parte dell’arbitro. I bambini si sono messi a ridere quando, dopo aver subito un intervento degno del peggior Materazzi dei tempi d’oro, ho umilmente richiesto un calcio di punizione al limite dell’area…
Se poi si considera che il campo è situato nei pressi del mercato di Kinzerere e, oltre agli avversari, bisogna dribblare anche una lunga ed incessante fila di donne con bambini, capre, mucche, commercianti e carretti di frutta, il quadro finale risulta ancor più pittoresco.

Dopo avervi raccontato qualcosa di uno dei momenti di svago che ci concediamo tra un lavoro e l’altro, vorrei dedicare la parte finale di questa breve lettera a qualcosa di diverso e ben più “serio”.
Sorella Fiore, che costituisce un po’ il nostro punto di riferimento qui nella vita della missione, insiste molto sul ruolo altamente educativo che noi sei ragazzi dobbiamo cercare di avere per i bambini poveri di Mutoyi. Molti di questi, che abitano proprio a due passi da casa nostra, provengono da situazioni familiari disastrate: senza attenzioni né affetti, i loro esempi di vita sono tristemente rappresentati da padri alcolizzati e violenti, o da madri assenti e dai costumi discutibili. Quello che noi, nel nostro piccolo e nel poco tempo che avremo a disposizione, dobbiamo cercare di fare, è dare loro delle nuove vie positive da seguire, trasformando l’enorme attrazione che loro provano nei nostri confronti (dovreste vederli: appena ci vedono, ci corrono incontro urlando a braccia aperte) in un rapporto di sana amicizia, fondato sulla condivisione di valori semplici ma allo stesso tempo importanti.
So che questo ragionamento, a parole, sembra molto difficile da attuare, specie visto l’enorme ostacolo linguistico che ci troviamo davanti. Tuttavia, nei fatti pratici, come per molte altre cose, risulta tutto decisamente più semplice da comprendere: ascoltate un po’.
Due giorni fa abbiamo organizzato insieme a questi ragazzini un piccolo “campo lavoro”: l’obiettivo era quello di sistemare insieme un sentiero che si trova nei campi vicino a casa nostra e che, nel corso degli ultimi tempi, era stato ricoperto da fastidiose erbacce infestanti. Poi, al termine della giornata, abbiamo mangiato insieme i biscotti e abbiamo dato ad ognuno di quei quindici ragazzini dei pantaloni nuovi e dei fogli nuovi per la scuola.
Personalmente, credo che questo semplice gesto porti con sé un alto ed efficace valore educativo.
Noi ragazzi non siamo infatti andati da ragazzini a dispensare regali o a fare elemosina (cosa che invece abbiamo fatto ieri andando a trovare delle anziane che vivono sulle colline), ma abbiamo cercato di far risaltare qualcos’altro: il valore delle cose guadagnate con il lavoro, lo spirito dell’iniziativa e dell’intraprendenza, il significato della sana fatica condivisa insieme, il senso di gratificazione che si prova meritatamente alla fine di una giornata intensa, con dei pantaloni nuovi addosso e dei fogli nuovi da portare tra i banchi di scuola.
E’ di tutto questo che i ragazzini di Mutoyi avranno soprattutto bisogno nel loro incerto futuro.
Se alla fine di questi mesi avremo creato delle amicizie sincere e risvegliato in loro sentimenti nuovi, il nostro desiderio più grande sarà quello di sperare che essi possano davvero continuare con le proprie gambe, su una via che possa essere sana, positiva e stimolante.
Senza dimenticare, tra un sentiero e l’altro da sistemare con zappe e badili, una partita di calcio a Kinzerere. Rigorosamente a piedi nudi!

Amahoro!
Saluti da Mutoyi,
Edo


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